mercoledì 18 luglio 2007

Ricostruire un umanesimo di pace e di amore.
E' possibile?

Gli occhi dell'altro, di Aldo Maria Valli
"La religione non è, e non deve diventare, un pretesto per i conflitti" ha detto più volte Giovanni Paolo II. Questo papa, fino alla fine della sua vita, ha investito tutte le forze fisiche, morali, intellettuali e spirituali per dire no alla guerra.
La sua è stata un'azione senza precedenti contro l'uso della forza come strumento per risolvere le controversie internazionali e a favore del dialogo come strumento privilegiato per scongiurare lo scontro fra le civiltà.
Che cosa resta di questo insegnamento? E' oggi possibile ricostruire un umanesimo di pace e di amore?

2 commenti:

PAOLINE ha detto...

Il dialogo e il rispetto tra popoli diversi è l'unica strada che abbiamo di fronte per costruire un mondo di convivenza e non di contrapposizione, di comprensione e non di odio, di pace e non di guerra. Giovanni Paolo II ha saputo difendere l'identità cristiana con coraggio e orgoglio, ma ha anche saputo entrare nelle pazienti pieghe del dialogo.

Anonimo ha detto...

HANNO SCRITTO...

Anonimo ha detto...
Scontro di civiltà? O, piuttosto, di "inciviltà"? I toni spesso fuori le righe degli uomini che oggi reggono i destini dell'umanità ci fanno pensare alla seconda ipotesi... Concordo con quanto sostenuto da Valli in questo libro, richiamando l'infaticabile opera di Giovanni Paolo II: il dialogo è un dovere;il dialogo è "fiducia nella possibilità di costruire un mondo finalmente pacifico"; sa dialogare solo chi ha una corretta consapevolezza della propria identità e guarda l'altro senza pregiudizi. Con "gli occhi dell'altro".

martedì, 21 marzo, 2006


zarathustra ha detto...
Il libro sembra interessante...viene voglia di leggerlo. Il problema è grande e complesso, la soluzione del dialogo è sicuramente la via da perseguire. Il problema di oggi è che molto spesso chi si appropria delle varie identità sono gli estremisti(ad es. calderoli da una parte, i terroristi dall'altra) mentre dovrebbero scendere in campo e farsi sentire i moderati e chi l'identità la possiede veramente senza bisogno di doverla sventolare su magliette fuoriluogo.

martedì, 21 marzo, 2006


Andrea Nepoti Goitan ha detto...
Carissime Figlie di San Paolo,
sono felicissimo che abbiate scelto questo agile strumento di comunicazione.
Vi auguro in bocca al lupo, di tutto cuore.
Andrea Nepoti

martedì, 21 marzo, 2006


mariangela_Italy ha detto...
Un umanesimo vero di cui l'amore sia naturale frutto! questa è la sfida, l'impegno necessario di tutti e, non credo, solo una domanda di possibilità. La centralità dell'essere umano in tutta la sua pienezza di identità, di creatura, di ingegno e volontà, ma anche di singolarità e fragilità sia il presupposto da cui tutto può veramente scaturire. Solo chi conosce se stesso e si ama è veramente libero e aperto alla conoscenza vera e all'amore dell'altro.

mercoledì, 22 marzo, 2006


Anonimo ha detto...
Quello di Valli non è il solito libro amarcord su GPII ma un libro coraggioso e insolito.
E'coraggioso perchè propone il dialogo tra culture e fedi diverse come l'unico mezzo per affrontare e risolvere i problemi di oggi. Oggi dove il dialogo ha perso la casa, dove si urla e si combatte per far valere le proprie idee e mantenere il proprio dominio. Se non è coraggio questo!
E poi è insolito perchè ci presenta di GPII l'insegnamento più impegnativo e scomodo, quello che rende veri cristiani. Non c'è altra strada per ricostruire l'uomo o l'umanesimo che dir si voglia.
Auguri per il blog!
Terry

mercoledì, 22 marzo, 2006


Ancaia ha detto...
Mi convinco sempre più della necessità e dell'urgenza di spezzare la logica perversa del "do ut des" e ragionare/amare/credere/sperare in termini di gratuità, di amore, di accoglienza incondizionata. Da cristiani, insomma. Cioè da veri fratelli e sorelle di Cristo. E non da "cristianisti", cioè da "cristiani senza Cristo", come ben spiega Valli nel suo libro.

giovedì, 23 marzo, 2006


aemmevi ha detto...
"Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male". Queste le paerole di san Paolo che Giovanni Paolo II ha voluto consegnarci: un messaggiom di speranza e di fiducia contro il male e contro la paura, sulla quale il male mette radici. "Gli occhi dell'altro" vuole essere un piccolo contribuito alla costruzione del bene, come ci ha chiesto di fare un papa coraggioso, che non ha mai avuto paura di guardare l'altro negli occhi.

giovedì, 23 marzo, 2006


Maria Carmela ha detto...
Ripenso all'incontro dei leaders religiosi ad Assisi nel 1986. Poi a quello del 2002. Davvero Giovanni Paolo II non ha lasciato niente di intentato per cercare di ritrovare la strada della pace. Anche all'interno della Chiesa cattolica qualcuno ha storto il naso, ma il Papa non si è lasciato condizionare. Ha voluto squarciare con la preghiera e la speranza le tenebre dell'odio e della vendetta.

giovedì, 23 marzo, 2006


Marco ha detto...
Il libro di Aldo Maria Valli è bellissimo: è un documento di valore sull'insegnamento prezioso, e ancora non compreso in tutta la sua portata, del Papa Giovanni Paolo II°. L'autore smaschera, con ricca argomentazione ed acume giornalistico, gli interessi politico-economici dei cosiddetti "cristianisti", cioè i "cristiani senza Cristo". Questo libro è oggi più che mai necessario per riaffermare le ragioni e le prospettive feconde del dialogo interreligioso e interculturale, come unica strada percorribile da un'umanità che ha la terribile tendenza alla violenza ed allo scontro autodistruttivi, alimentati dalla paura, dall'odio, dall'ignoranza.

venerdì, 24 marzo, 2006


rhemes ha detto...
Il lavoro di Valli mi è piaciuto molto perchè è appassionato. Si intuisce la paura dell'ignoranza culturale,che porta allo scontro, e l'invito ad approfondire la conoscenza delle proprie radici per comprendere il diverso.
Alla fine della lettura ho provato orgoglio per la mia appartenenza alla Chiesa e curiosità amica per l'altro.

venerdì, 24 marzo, 2006


pervinca ha detto...
Sto leggendo il libro in questione. Molto interessante! Mi fa riflettere il fatto che oggi molti cristiani, al solo sentire parlare di dialogo si irrigidiscono. Perché?
Eppure il dialogo è l’unica via realistica e ragionevole verso la convivenza. Per dialogare occorre la voglia di conoscere l’altro perché l’altro può aiutare a conoscere meglio se stessi. Solo una buona conoscenza di sé e anche una buona memoria di sé consentono di intavolare un dialogo costruttivo. Ma questa identità non si ottiene con i proclami più o meno solenni, non è una questione di certificati e di timbri. E’ un cammino da fare, un percorso da costruire. Un cammino che non si fa, un percorso che non si costruisce se c’è arroganza, se c’è paura.

sabato, 25 marzo, 2006


Sergio S ha detto...
L'autore è molto bravo! Il libro è molto bello. Da leggere e da far leggere. Cordiali saluti.
Sergio S (Saronno)

lunedì, 27 marzo, 2006


Ancaia ha detto...
Si avvicina il giorno del primo anniversario della morte di Giovanni Paolo II e io vado ripensando al suo "magistero feriale" sul dialogo. Ma è davvero così difficile, addirittura impossibile, vivere e testimoniare una gratuità che supera anche la legittima aspettativa della reciprocità? Ma non è questo che costruisce "ponti e non muri"?

lunedì, 27 marzo, 2006


aemmevi ha detto...
Mi piace il riferimento di Ancaia alla gratuità. Nell'insegnamento che ci ha lasciato Karol Wojtyla c'è anche questo: il dialogo sincero non pone condizioni. Sarebbe opportuno tornare su quel concetto di "purificazione della memoria" che Giovanni Paolo II ha messo al centro delle sue richieste di perdono.

lunedì, 27 marzo, 2006


pervinca ha detto...
Mi è piaciuta una citazione del card. Angelo Scola, riportata nel libro: "...per essere uomini di pace bisogna autoesporsi,testimoniare, rischiare ciò in cui si crede. Noi cristiani dobbiamo ritornare a essere testimoni della bellezza, della bontà, della verità, dell'avvenimento di Cristo per la vita di tutti i giorni". Mi sembra molto significativa!

lunedì, 27 marzo, 2006


Anonimo ha detto...
"Fra tutti i volti della carità il dialogo è forse oggi il più importante". Stralcio questa espressione dal libro di cui parliamo. La pongo sullo sfondo della mia affrettata lettura delle news odierne. Quale dialogo se nessuno ascolta? Quale dialogo se l'impegno maggiore è quello di screditare l'altro?
Quale dialogo se ci riteniamo così autosufficienti, anzi "autarchici"?
«Il dialogo inizia quando apriamo i cuori con la volontà di ascoltare gli altri». Lo ha detto Giovanni Paolo II. Anche la capacità di dialogo è dono. E, come tutti i doni perfetti, discende dall'Alto. Perché, allora, non chiederlo a Lui?
Ancaia

mercoledì, 29 marzo, 2006


Anonimo ha detto...
sarà certamente una quisquiglia, ma mi stupisce la superficialità dell' "esempio del treno" su cui Valli spende due o tre pagine del suo libro. L'autore mette a confronto il clima di un vagone pieno di ragazzi delle superiori di ritorno da scuola, con un vagone pieno di famigliole islamiche di ritorno dalla preghiera del venerdì. Ma che grande e illuminante sorpresa constatare l'atmosfera di irritante superficialità del primo in contrasto con la educata compostezza del secondo! Che genio sociologico! Se l’ottica di Valli fosse un po’ più neutrale e oggettiva, non dico che avrebbe messo a confronto le famiglie islamiche del dopo-moschea con quelle cristiane del dopo-messa, ma avrebbe potuto accorgersi che in quel caotico popolo dei giovani del treno, spesso sono proprio i ragazzi di famiglia islamica a emergere come i più accaniti consumatori di cellulari con suonerie assordanti o di altra paccottiglia tecnologica. Questo porrebbe la riflessione su binari diversi, che possono certamente essere anche sfavorevoli all’occidente, che viene a configurarsi come una civiltà globalizzatrice dell’effimero; ma se non altro si sarebbe evitato questa rozza caduta di stile manichea e romanticheggiante di contrapporre un sano e bucolico islam a un occidente dissoluto e idiota.

sabato, 01 aprile, 2006


aemmevi ha detto...
L'anonimo che critica le pagine con l'esempio del treno evidentemente non ha letto bene. Nel libro l'autore dice di sapere benissimo che non tutti i giovani occidentali sono come quelli incontrati sul treno e non tutti i musulmani sono gentiluomini. L'episodio è citato non per introdurre contrapposizioni tanto banali quanto inutili, ma proprio per dire quanto sia importante vedere la realtà attraverso occhi diversi.

sabato, 01 aprile, 2006


ivonne ha detto...
Mi è piaciuta molto l'analisi del "cristianismo", perchè la trovo molto attuale. In piena campagna elettorale tutti cercano di tirare la tonaca della Chiesa ma molti si idignano se il Papa richiama i cattolici al rispetto dei valori della vita e della famiglia.

domenica, 02 aprile, 2006


caterina ha detto...
Ritorno sull'esempio del treno fatto da Valli e criticato da un lettore. Io non ci ho visto la contrapposizione tra islam bucolico e cristianesimo becero: mi è sembrato invece che ci fosse l'invito a vedere dietro ad ogni credente una persona degna di rispetto e, di più, l'invito ad approfondire la propria fede per rispettare l'altro e per ottenerne rispetto.

domenica, 02 aprile, 2006


Anonimo ha detto...
secondo me è un libro da leggere

lunedì, 03 aprile, 2006


Anonimo ha detto...
Valli ha un bel da predicare su chi fa un uso strumentale della religione, ma poi, concretamente lui cosa fa? piega Giovanni Paolo II e persino Benedetto XVI al suo "j'accuse" contro i "cristianisti". Ora, finchè i "cristianisti" in questione sono l'amministrazione Bush o, che so, la Lega nord, è impossibile non essere d'accordo con lui. Ma Valli si spinge ben più in là. I veri "cristianisti" che ha nel mirino sono Marcello Pera e coloro che si ritrovano nelle sue considerazioni. Prova ne è che Valli cita come slogan "cristianista" l'espressione "religione civile non confessionale" che troviamo papale-papale (è proprio il caso di dirlo!) nel volume firmato Pera&Ratzinger "Senza radici". Valli ovviamente non ha il coraggio di fare il nome di Pera, perchè sennò succede che uno, incuriosito, si va a leggere il libro da cui è citata l'espressione e si accorge che Ratzinger è assolutamente d'accordo con la possibilità e la necessità di una "religione civile non confessionale", proposta da Pera. Valli può tirare finchè vuole dalla sua parte Ratzinger, sottolineando come l'allora cardinale affermasse (molto ovviamente del resto) la interculturalità costitutiva del cristianesimo. Ma ciò che Ratzinger ha cercato fortemente di comunicare in questi tempi recenti - come appunto in "senza radici" - è che, al fine di un fecondo dialogo tra le culture, è necessario che l'Europa smetta di dimenticare, rinnegare e odiare la propria cultura, la propria cultura civile CRISTIANA. Ed è questo il vero punto dei "cristianismo" firmato Pera-Ratzinger. non si tratta certo di rifiutare l'Islam! il nemico non è l'islam, ma l'occidente stesso nella sua deriva relativista nichilista autolesionista. perchè ci sia un dialogo è necessario che ci siano due identità dialoganti. e l'occidente ha attualmente smarrito la propria. e io sinceramente non vedo proprio che cosa ci sia di scandaloso nel parlare di una "religione civile non confessionale". Valli & Remi Brague con il loro ironizzare su chi parla d'identità cristiana senza aver incontrato personalmente Cristo, prendono un grosso granchio. Guai infatti se il Cristianesimo fosse lievito solo per i credenti! Ogni religione non è solo religione, ma è anche cultura. Il cristianesimo storicamente ha contribuito al sorgere e allo sviluppo di tutta una serie di valori che non sono vincolati alla dimensione strettamente religiosa, ma concernono la dignità dell’essere umano considerata da un punto di vista naturale, razionale, e quindi universalmente condivisibile. Quando Etienne Gilson parlava di filosofia cristiana, alludeva proprio a questa “fecondità” razionale della Rivelazione cristiana, una Rivelazione generatrice di ragione. Ben vengano dunque gli “atei devoti” alla Marcello Pera o alla Giuliano Ferrara, i quali, pur senza aver incontrato Cristo, sanno riconoscere l’importanza e l’urgenza della riscoperta dell’identità e della cultura cristiana in un epoca che sembra aver perso non soltanto e non tanto la fede, ma soprattutto la ragione stessa.

Firmato: ATEO DEVOTO

mercoledì, 05 aprile, 2006


Anonimo ha detto...
post-scriptum al commento precedente: vorrei precisare che la mia critica a Valli è una critica costruttiva e non distruttiva. ho voluto evidenziare quello che considero un piccolo (e forse un po' politicizzato) eccesso all'interno di un discorso sostanzialmente buono e condivisibile. E' ovvio che in un momento storico delicato come l'attuale, il nostro dovere di cristiani è precisamente quello di coltivare ad oltranza il dialogo con l'Islam, al fine di scongiurare in ogni modo il tanto temuto "clash of civilizations". Il punto è che non mi sembra esserci incompatibilità tra il guarare dritto negli "occhi dell'altro" e il portare avanti al contempo il discorso sull'identità cristiana dell'Europa. E' precisamente ciò che faceva Giovanni Paolo II.

by (ex)ATEO DEVOTO

P.P.S: per chi fosse interessato a una pubblicazione che metta in risalto l'esistenza di un Islam sano e moderato, che nulla ha da spartire col terrorismo, suggerisco l'acquisto dell'ottimo volume "l'Islam che non fa paura", pubblicato dalla San Paolo.

mercoledì, 05 aprile, 2006


Anonimo ha detto...
Condivido l'espressione dell'anomino che ha detto "perchè ci sia un dialogo è necessario che ci siano due identità dialoganti. e l'occidente ha attualmente smarrito la propria". Sono convinta che se non ci chiariamo la nostra identità non possiamo dialogare serenamente.

giovedì, 06 aprile, 2006


aemmevi ha detto...
Sulla questione dell'identità bisogna precisare. Esiste un senso di identità sano, fondato sulla consapevolezza di sè ma anche sull'apertura all'altro, ed esiste un senso di identità malato, fondato sull'insicurezza, sulla paura, e quindi costruito in opposizione all'altro, attraverso un processo di esclusione. Chi pretende, qui in Europa come in America, di costruire l'identità in questo secondo modo sbaglia due volte: perché non rafforza le nostre radici e perché diffonde odio. Giovanni Paolo II si è battuto per il riconoscimento delle radici cristiane d'Europa, ma nello stesso tempo ha chiesto il dialogo con tutti. Il cristiano è così. Proprio perché consapevole di sè come figlio (di Dio) e fratello (degli altri uomini) è dialogante e non può non esserlo.
All'ex ateo devoto (ma ex ateo, ex devoto o ex tutt'e due?) vorrei poi dire che se ne "Gli occhi dell'altro" Pera non è citato non è per mancanza di coraggio (come si fa ad accusare di mancanza di coraggio uno che scrive un libro così?) ma per non rischiare di ridurre l'intera questione (papa Benedetto compreso) al solito dibattito da bottega politica italiana.

giovedì, 06 aprile, 2006


Giancarlo ha detto...
Mi è piaciuta molto l'analisi dei pericoli legati al diffondersi del "cristianismo". Ho ritrovato molto vivo il ricordo del Papa GPII nella necessità di andare incontro alle persone e nel dialogo.

venerdì, 14 aprile, 2006


Miriam ha detto...
Proprio in questi ultimi tempi, sul blog http://www.palazzoapostolico.it ferve una discussione con i neocatecumenali, alla ricerca della verità e di capire meglio su tante 'anomalie' riscontrate nell'esperienza di molti che intervengono. Spiace dover constatare una difficoltà di comunicazione basata sul fatto che non si riesce ad argomentare sui contenuti e i NC non fanno altro che basare le loro ragioni sulle approvazioni dei Papi, compreso Benedetto XVI, che in ogni caso, tramite Arinze, ha fatto loro pervenire una lettera di adeguamento dell'Eucarestia.

Qualcuno di voi che conosce questa realtà puòconfortarmi in questa grossa e dolorosa empasse?

Si parla tanto, e io ci credo e ci spero, del dialogo e rispetto tra popoli e religioni diverse, ma noi cattolici siamo disprezzati nell'ambito della nostra stessa religione. C'è una realtà nella Chiesa che non può essere soggetta a critiche, peraltro motivate, altrimenti sei (anche se sei un sacerdote o un vescovo) un 'Faraone' che perseguita!!!

mercoledì, 17 maggio, 2006


Natalia ha detto...
Si, credo che è possibile, se Dio è al centro della nostra vita, se viviamo veramente come fratelli
Come sarebbe bello se avessimo il coraggio di scelte libere e decentrate, di vivere in concreto come fratelli.
Tutto sarebbe diverso.
Che meraviglie vivere senza guerre.!

giovedì, 18 maggio, 2006


Miriam ha detto...
Mi colpisce, e condivido, il riferimento alla identità da cui parte il vero dialogo. E, noto che mentre la maturazione di una fede 'retta' porta allo sviluppo della propria identità e maturazione 'umana', nell'ambito cui mi riferisco nel post precedente, si mortifica l'identità personale, perché metodi basati su schemi rigidi e massificanti, non lasciano spazio all'individualità e creano una identità 'collettiva' con un forte e acritico senso di appartenenza. E' per questo che poi il dialogo risulta difficile; risulta anzi un'assoluta incomunicabilità, a meno che non ci si adegui...

sabato, 20 maggio, 2006


Primiana ha detto...
Anch'io sono convinta che il dialogo sia l'unico mezzo per costruire un mondo di convivenza e non di contrapposizione e diffido di chi costruisce steccati e, come dice Miriam, sembra lontano dai presupposti per un vero dialogo. Quel che è peggio è che il movimento neocatecumenale, pur definendosi realtà 'ecclesiale', non costruisce ponti di comunione (che è la realtà portante della Chiesa), ma si autodetermina come struttura 'settaria'

domenica, 28 maggio, 2006