venerdì 16 maggio 2008

E’ possibile crescere umanamente grazie al lavoro?


Difficoltà di trovare lavoro, incertezza circa il lavoro che si possiede; mobbing, sfruttamento, fatica, insoddisfazione.
Vita e lavoro sono oggi sempre più contrapposti. Spesso, il lavoro divora tutto il tempo di cui disponiamo, lasciandone sempre meno per la vita privata. E anche il tempo che viviamo a casa è sempre più condizionato dalle preoccupazioni professionali. Il lavoro consuma la nostra salute e toglie qualità alla nostra esistenza. Come “staccare la spina” quando si termina di lavorare? Come “sopravvivere” alle costanti preoccupazioni che la propria professione ci può… regalare? Come reagire alla pressione, come relativizzare, come umanizzare al massimo l’ambiente di lavoro e ricavarne un’esperienza positiva per la propria vita?

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Il lunedì è per me un giorno particolarmente tragico perché, più che negli altri giorni, avverto una certa riluttanza a riprendere il lavoro, una fatica maggiore. Che faccio? Mi sforzo di trasformare la resistenza in energia e, superando la pesantezza, cerco di fare meglio che posso. Sento di agire al... rallentatore, ma con spirito positivo.

Anonimo ha detto...

Spesso mi rendo conto che l'umore negativo di altri intorbida anche il mio. Allora, in questi momenti, cerco di lavorare con spirito limpido, ripetendomi che non posso risolvere tutti i problemi. Avverto che se mi libero dall'ansia di volere che tutto sia diverso, le giornate prendono un'altra piega.

Anonimo ha detto...

Quando apro la porta di casa, devo immaginare che il lavoro e le sue preoccupazioni rimangano fuori e che questo sia il momento di cercare di essere totalmente a casa e di dedicarsi al privato. E' necessario chiudere la porta del lavoro per aprire davvero quella di casa. Oggi corriamo il rischio di lasciare aperte tutte le porte, ma così facendo viviamo costantemente in mezzo alla corrente, il che non giova né alla nostra anima né al nostro corpo.